Takashi Murakami, definito da molti l’Andy Warhol del Sol Levante, è considerato il più influente artista giapponese nel campo dell’arte contemporanea. Palazzo Reale a Milano, fino al 7 settembre, gli dedica una mostra dal titolo “Il ciclo di Arhat”, curata da Francesco Bonami. Abituati a vedere personaggi che sorridono, manga propri di una sua tradizione ed altri personaggi curiosi e solari che animano scene e paesaggi surreali, i lavori presentati in questa occasione risultano diversi da quanto conosciamo di lui e del suo stile. Si tratta di opere che ritraggono lui stesso nel ciclo degli autoritratti e figure ispirate al mondo religioso giapponese. La tragedia di Fukushima, la paura e l’ansia sono evidentemente rappresentate dai volti dei personaggi.

Facendo un passo indietro nel tempo, ripercorriamo le tappe principali del suo operato che affronta i campi più disparati.

Nei primi anni novanta, durante un suo soggiorno a New York, lo affascina in modo irresistibile il lavoro neo-pop dell’artista statunitense Jeff Koons . Da questa esperienza inizia una sua produzione personale.

Dagli anni 2000 la sua fama cresce sempre più in un susseguirsi di mostre che celebrano il suo inconsueto stile.

All’ ormai lontano 2003 risale la sua prima avventura nel campo dell’alta moda. Insieme a Marc Jacobs dà vita, per il gruppo Louis Vuitton, al progetto  di customizzazione della classica borsa logata del gruppo per l’edizione “Cherry Blossom”: il logo viene trasfigurato con la ripresa degli stilemi dei manga giapponesi tanto cari all’artista.

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La collaborazione col gruppo continua negli anni successivi con evoluzioni di tematiche e fantasie adattate alla classica fantasia LV del brand.

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In tempi più recenti, nel 2013,  realizza, sempre all’ombra della tragedia di Fukushima, come nei suoi lavori più recenti, un video dal titolo “jellyfish-eyes”. Il cortometraggio racconta la storia di un ragazzo che, dopo aver perso il padre nell’incidente di Fukushima, si sposta con la mamma in un piccolo paese. La colonna sonora, di questo video, “Last Night, Good Night” è stata remixata dal cantante Pharrell Williams che peraltro appare nel video nelle vesti di un manga indossando sempre l’immancabile cappello “Mountain Hat” di Vivienne Westwood, divenuto celebre ai Grammy Award del 2014, e segno distintivo del suo personaggio.

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Pharrell Williams and Helen Lasichanh arrive at the 56th annual Grammy Awards in Los Angeles

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SW TWEENS riporta una frase che Pharrell afferma sul lavoro di Takashi: “L’uso dei colori che fa Takashi, ed in particolare i suoi personaggi, mi dicono davvero qualcosa e mi consentono di perdermi nei molti livelli dei suoi dipinti.”

“Perdersi a molti livelli” sembra essere il motto principale anche di Takashi

L’amicizia tra Pharrell e Murakami porta ad affrontare altri progetti e nel 2013, in occasione del Miami Art Basel, durante un party esclusivo ricco di addetti ai lavori, artisti e galleristi di fama internazionale, sono stati proiettati filmati e cortometraggi della cultura giapponese selezionati da Murakami con sottofondo musicale scelto direttamente da Pharrell.

Poteva mancare un DOODLE di Murakami?

Per festeggiare il solstizio d’estate del 2011 la Google ha scelto proprio lui!

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Testi: Chicca Lorini

Immagini: Web